L’era degli scarti. Cronache dal wasteocene, la discarica globale

Novembre 21, 2021

 

Che cosa sia l’antropocene, grossomodo, lo sappiamo tutti. Marco Armiero, napoletano di origine e poi, come spesso succede, accademico vagante, è voluto andare oltre ed ha dedicato il suo libro a quella che definisce “l’era degli scarti”, il wasteocene. Gli scarti di cui ci parla Armiero sono materiali e umani, le situazioni descritte note e meno note. Dalla ormai familiare, anche per chi vive a nord del Garigliano, discarica di Pianura, periferia occidentale di Napoli, alla terrificante Cancer Alley della Louisiana, la striscia di terra fra Baton Rouge e New Orleans dove si ammassano sette raffinerie di petrolio e ben 136 impianti petrolchimici, dai raccoglitori di rifiuti di Jardin Gramachao, a Rio de Janeiro, ai fuochi tossici di Tuzla, in Bosnia ed Erzegovina.

Brasile

Non una semplice elencazione di disastri più o meno conosciuti però, L’era degli scarti si propone, riuscendoci, di denunciare un sistema organizzativo globale basato sulla produzione continua di merci e, conseguentemente, di scarti materiali, culturali e umani. Nulla di troppo nuovo. L’autore si sofferma, giustamente, su due vicende che videro protagonista la sua città in tempi non troppo vicini: l’epidemia di colera del 1973 e quella, più remota, del 1884, in ambedue i casi i rifiuti, e le politiche sui rifiuti, giocarono un ruolo fondamentale.

I rifiuti però si portano dietro anche resistenze, opposizioni, storie drammatiche che vedono protagoniste quelle persone che non si rassegnano a essere uno scarto commercializzabile ma propongono, per quanto lo slogan possa risultare un po’ obsoleto, la possibilità di un altro mondo.

“Quando ero bambino, a Napoli, negli anni settanta, avevo un compagno delle elementari che si addormentava sempre in classe perché era stato sveglio tutta la notte a “fare i cartoni”… Ciro, insieme a molti altri bambini di Napoli a quei tempi, non lavorava i una cartiera che “faceva” i cartoni ma trascorreva la notte a raccoglierli dai mucchi di spazzatura urbana girando per le strade sul retro di un tipico Ape a tre ruote…In realtà, i cartonai erano operai in un tipo particolare di fabbrica, la metropoli, dove produzione e consumo sono meno separati di quanto si potrebbe pensare…Il fatto che a un certo punto Ciro fosse scomparso dalla classe, lasciando la scuola per sempre, mentre io sia diventato professore, spiega perché in questo libro lo scarto non sia considerato una cosa ma piuttosto un insieme di relazioni socio-ecologiche tese a (ri)produrre esclusioni e diseguaglianze.”

Ascolta l’intervista con Marco Armiero andata in onda su radio onda rossa.

 

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